Il silenzio calato sul tema amianto potrebbe far pensare che la crisi economica abbia bloccato qualsiasi cantiere. E invece, come certifica l’Ats di Brescia, nel primo semestre di quest’anno sono già arrivati più di un migliaio di piani d’intervento per la rimozione delle coperture grigie fuorilegge dal 1992. Le stime parlano di «dieci anni» per rimuovere tutto l’amianto dalla provincia di Brescia. E se tanto è stato fatto sul fronte degli enti locali (il 28 luglio scade un bando della Regione per gli edifici di proprietà pubblica), la vera partita si gioca sul privato: il 97% dei siti censiti appartiene a famiglie, artigiani, agricoltori e industriali.
I cantieri in ogni caso sono partiti: si contano infatti 1.073 piani di bonifica pervenuti in viale Duca degli Abruzzi soltanto nei primi sei mesi dell’anno. Più della metà (686) sono interventi inferiori ai cento metri quadrati, segno che si tratta per lo più di garage, piccole tettoie, ex pollai. Quasi un terzo dei «piani» di lavoro prevede invece la rimozione dell’amianto da abitazioni e villette (270). Qualcosa si muove anche nel comparto industriale: sui 20 mila metri quadrati dell’ex Pietra curva di Brescia (via Orzinuovi) da pochi giorni le gru hanno iniziato a rimuovere le coperture rovinate: pur essendo in ristrutturazione per via dei debiti, la società «finanzierà» l’operazione anche grazie alla vendita di tutto il ferro dei vecchi capannoni che sembrano lo scheletro di un «dinosauro». E pensare che negli anni ‘90 – mentre la Ruhr utilizzava i fondi europei per rottamare le acciaierie in disuso – i «siti» del passato industriale di Brescia sono rimasti bloccati: altro che archeologia industriale, per anni queste vecchie fabbriche hanno atteso invano le autorizzazioni comunali per essere trasformate in aree residenziali o commerciali. E alla fine, nel tentativo di preservare la città dall’arrivo dei centri commerciali, si è lasciato «morire» queste zone. Risultato? Outlet e supermercati sono nati nell’hinterland della città (Roncadelle, Concesio, etc) e le bonifiche di Brescia sono rallentate.
Alcune, però, sono partite in questi anni. All’ex Pietra Curva la bonifica è iniziata perché non c’era altra strada: l’amianto sui tetti presentava un indice di degrado tale che la legge non consentiva di aspettare altri anni. L’intervento è stato sollecitato dal Comune di Brescia, che in parallelo (e con fondi propri) ha avviato la bonifica dell’amianto in un’altra struttura, l’ex Polveriera di Mompiano, conclusasi a maggio. «Ora sarà più semplice trovare chi è interessato a gestire quest’area che potrebbe diventare la porta d’accesso alla Valle di Mompiano: con gli sconti della gara – spiega l’assessore all’Ambiente Gianluigi Fondra – contiamo di portare telefono, luce e gas fino al corpo di guardia». La vera novità, però, è la rimozione dell’amianto, che renderà più appetibile la gestione dell’area: «A settembre aspettiamo le manifestazioni d’interesse» dice Fondra. La Loggia ha messo sul piatto 350 mila euro, tra bonifica dell’amianto e ristrutturazione delle ex «casette» militari. Ma nel capoluogo, come in tutta la provincia, sono gli edifici privati a preoccupare di più: nel bresciano, a fronte di 36 mila strutture da bonificare (case, capannoni, scuole, pollai, etc), gli edifici pubblici sono 1.104, mentre quelli privati sono la maggior parte (35.011). Questo dato, aggiornato al 2016, evidenzia il fatto che col passare del tempo gli edifici, anziché diminuire, siano aumentati: nel 2013, infatti, alla Regione risultava che nel bresciano ci fossero 32 mila tetti con amianto, mentre l’anno scorso il numero era salito a 36115. Un paradosso solo in apparenza: infatti, con l’obbligo di denunciare la presenza di amianto, i proprietari sono poi usciti allo scoperto e, di conseguenza. anche i loro manufatti. Secondo una stima dell’Agenzia di tutela della salute di Brescia, con questi numeri «ci vorranno dieci anni per rimuovere tutte le coperture». E in effetti – considerando che l’obbligo a rimuovere subito le «onduline» esiste solo per le strutture il cui stato di degrado è tale da determinare una dispersione delle fibre – molti lavori vanno a rilento.
A Brescia, le più grandi concentrazioni di amianto sono nella zona industriale a sud- ovest della città, in quella a sud del casello di Brescia Ovest, tra le case del Villaggio Sereno, in alcune zone di San Polo e sopra certe fabbriche dell’area industriale di San Bartolomeo. Su tutti pesa il fattore economico: la rimozione ha un costo, ma quello che incide di più è la sostituzione della copertura. E i dati provinciali ci dicono che solo una minima parte di chi ha fatto la bonifica del tetto ha poi scelto il fotovoltaico. Si è passati dai 446 mila metri cubi di manufatti in amianto (2007) ai 320 mila di cinque anni fa. Un calo del 27%, così ripartito: nel 2% dei casi l’edificio è stato demolito, nell’8% le onduline sono state sostituite con pannelli in silicio, nel 17% si è provveduto a costruire un tetto con tegole. Ma quanto amianto è rimasto sui tetti di Brescia? Il settore Ambiente della Loggia, dal 2013 al 2015, ha avviato 160 accertamenti in loco, con relativa apertura di procedimento: in parte conclusa, in parte in fase di istruttoria, in parte in attesa di parere Ats, l’ente che realizza la fondamentale attività di vigilanza sui cantieri.
Fonte Corriere della Sera Brescia venerdì 21 luglio 2017